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Commissione cultura: cancellati gli ultimi 5 anni

Quando nell’autunno 2010 veniva presentata al consiglio comunale la modifica del regolamento della commissione cultura, dopo che il precedente era rimasto in vigore per parecchi lustri, ci si era posti alcuni punti fissi: l’incompatibilità per presidenti e consiglieri di associazioni che ricevono contributi o servizi dal comune, la valorizzazione delle competenze dei candidati privilegiando chi sarebbe stato in grado di fare valutazioni in più ambiti della cultura, il possesso di una laurea – o titolo equivalente – in uno dei settori culturali indicati ed un elenco di discipline che dovevano essere coperte dalle competenze dei commissari. In alternativa si sarebbe potuto derogare motivando in aula e giustificando le competenze con altre esperienze personali e professionali. Il possesso di una laurea era poi un modo per coinvolgere i giovani operatori culturali della città che hanno investito sulla propria formazione e garantire alle nuove realtà culturali di avere persone competenti a valutare le proposte presentate.

Si era cercato quindi ti togliere alla politica quella libertà di scelta politica che rimane oramai solo in ambito culturale, con enormi danni per lo sviluppo, anche professionale, delle giovani generazioni.

Oggi, dopo solo 5 anni, questi criteri sono stati messi in discussione dalla proposta portata in aula ieri dall’assessore Tomazzoni. Unico punto su cui è stato fatto un passo indietro è l’incompatibilità per i portatori di interesse, su cui, dopo un confronto con le minoranze, l’assessore ha preferito lasciare la proposta iniziale.

Si è sostanzialmente ripristinato il regolamento precedente, in cui la discrezionalità della scelta rimane in capo alla minoranza e maggioranza, senza alcun vincolo per la valutazione delle competenze. E’ come se si decidesse che i componenti di un collegio dei garanti possono essere decisi dai politici senza alcun criterio di garanzia.

Possiamo quindi avere tutte le rassicurazioni del caso da parte dell’assessore e della maggioranza sui criteri che adotteranno per decidere chi inserire, ma la realtà è che non ci saranno più vincoli. E non è chiara, vista la possibilità di deroghe motivate, l’urgenza di modificare un regolamento dopo soli cinque anni. Questa amministrazione si è regalata ampi margini di scelta ma, pur con tutte le raccomandazioni del caso, sarebbe forse giusto ricordare che i regolamenti non possono essere confezionati su misura per se stessi, ma dovrebbero valere anche per gli amministratori che verranno: devono essere garanzia di buon funzionamento delle istituzioni indipendentemente da chi governa.

Una commissione composta con persone competenti è una garanzia per tutti, e questa non è una visione – per usare le parole dell’assessore – elitaria. La capacità di una buona e giusta valutazione delle proposte culturali è proprio la base per evitare che la cultura sia per pochi. Per una buona proposta culturale cittadina è necessario avere persone capaci, sensibili, che dialoghino con le associazioni più grandi e che accompagnino quelle nuove. Il rischio ora che un ruolo in commissione cultura diventi solo una moneta di scambio politico è dietro l’angolo.

Il video della discussione in aula:

https://www.comune.rovereto.tn.it/Entra-in-Comune/Organi-e-uffici/Consiglio-comunale/Sedute-del-Consiglio/Sedute-di-Consiglio-Comunale-anno-2015/Seduta-consiliare-di-Martedi-27-Ottobre-2015

I miei interventi:

minuto13

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Le spiegazioni di Valduga offendono anche i giovani

Sono tornata a casa sconcertata. Nel dibattito tra candidati di ieri sera si è toccato il fondo: per il disturbo della claque presente in sala, con consiglieri comunali di minoranza pronti a urlare ad ogni sillaba del loro candidato; per l’arroganza di alcune frasi che contrastano con il suo atteggiamento in apparenza mite e cauto; per i non detti con cui si è cercato di denigrare l’avversario.

 

Più di tutto però c’è una questione che mi ha colpita in queste settimane e che ieri è uscita prepotente: è quella che ruota attorno al lavoro e alla professionalità di chi decide di occuparsi di politica.

Per difendere la propria posizione di medico che si dedica alla politica  – questione che legittimamente in molti faticano a comprendere – Francesco Valduga ha sentito il bisogno, fin dalle prime settimane, di attaccare il sindaco Andrea Miorandi e tutta la sua squadra, di cui faccio parte, dicendo di poter fare politica perché, diversamente dagli altri, lui ha un lavoro a cui può tornare una volta terminato il mandato. Questa sarebbe la garanzia della sua buona fede e della sua libertà. Una libertà che sarebbe a sua volta garanzia di politica pulita, al servizio degli altri.

Mi spiace, ma non ci sto a sentirmi dire che faccio politica perché non ho altro da fare nella vita, come non ci sto a farmi dare della marionetta disonesta governata da chissà quali oscure presenze partitiche. Non ci sto a sentirlo dire da chi ha le tutele del pubblico (che esistono giustamente) contro chi, lavorando nel privato, quelle tutele non le ha. Andrea Miorandi ha sviluppato una sua professionalità in ambito privato e si è licenziato per poter fare il sindaco a tempo pieno. Nel 2010 ha usato le proprie ferie per farsi campagna elettorale, a differenza di chi invece ha potuto chiedere aspettativa. Andrea Miorandi si paga personalmente la pensione. Se e quando terminerà il proprio impegno politico tornerà al proprio lavoro, consapevole di doverlo fare senza le tutele di cui sta godendo Francesco Valduga.

Posso dirlo con franchezza: conoscendo il lavoro che svolgeva Andrea Miorandi, io questo lo chiamo coraggio e generosità verso la propria comunità.

Le affermazioni di Francesco Valduga urtano, inoltre, un’intera generazione: alzi la mano chi, nato dopo il 1975, ha un posto di lavoro in ambito pubblico con le relative tutele. Pochi, forse quasi nessuno tra i miei conoscenti. Le parole di Valduga offendono una generazione intera che, per non essere accusata di opportunismo, dovrebbe autoescludersi dalla vita politica. Offendono quel popolo di freelance, di giovani partite iva e di teste pensanti che lavorano ogni giorno per rendere questo paese il luogo in cui vogliamo vivere, nonostante tutto, nonostante i danni della vecchia politica. Mentre parlava pensavo a tutti i miei amici, giovani capaci, intraprendenti, quel popolo di precari che si rimbocca le maniche ogni giorno.

A loro la politica dovrebbe essere preclusa?

È esattamente il contrario: la politica ha bisogno innanzitutto di loro, perché la crisi la vivono quotidianamente, in mezzo ad essa ci fanno dei figli e sulla propria pelle stanno sperimentando le soluzioni per combatterla.

Ancora una volta dimostra di non vivere al passo con i tempi, figlio di quella vecchia politica che, con supponenza, rimane convinta di avere la soluzione in tasca per problemi che, in realtà, non riesce neppure a vedere.