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Assessorato Politiche giovanili

Smart Lab – La politica non è tutta uguale

Avrei voluto raccontarvi del progetto Smart Lab in un clima diverso e invece il 29 aprile siamo in tribunale. Cercherò di raccontarvi le tappe salienti di un progetto che mi sta particolarmente a cuore, che è cardine della delega alle politiche giovanili che mi è stata affidata dal Sindaco e per la cui buona riuscita ho messo la maggior parte delle energie (altro che riapertura del Teatro Zandonai!). Preferisco non entrare, per ora, nei dettagli della vicenda legale perché ho dato la mia disponibilità ad intervenire in tribunale. Vi basti sapere che affronto quell’evento serena, con documenti che ripercorrono la vicenda mostrando con chiarezza che il Comune non è stato immobile come vogliono far credere.

UN PO’ DI STORIA: IL PROGETTO VALDUGA

Adige_2009.10.21
Fonte: l’Adige, 21/10/2009

Quando, nel 2007 durante una cena tra amici, ho conosciuto Andrea Miorandi, eravamo all’indomani dei disastrosi esiti delle scelte portate avanti da Valduga e Manzana sulle attività delle associazioni giovanili. In tanti ricorderanno che il festival Sfumature era saltato per le polemiche tra assessore, sindaco e Calma Piatta, l’associazione organizzatrice. Durante quelle cene ci divertivamo ad immaginare la città che avremmo voluto, una città ricca di bici e di occasioni per i giovani.

Nei tre anni successivi sono partita per proseguire gli studi a Londra, mi sono laureata, ho continuato a collaborare con realtà che si occupano di arte. Ho anche deciso di tornare. Ho trovato Andrea candidato, gli ho offerto il mio sostegno e ho passato il mese attacchinando e distribuendo volantini nelle piazze. Inaspettatamente mi sono ritrovata eletta.

Nell’estate 2010, nominata assessora, mi è stato consegnato il progetto che era stato inviato in Provincia dalla giunta Valduga per la richiesta di finanziamento (ricordo che l’idea dei centri giovani è stata spinta dall’allora assessore provinciale Salvaterra, con un finanziamento ad hoc). Era un progetto scarno, come è giusto che sia in una prima fase, ma che aveva alcuni punti, dal mio punto di vista, critici: fascia di età 11-19 anni; solo macchinette del caffè, che anche solo nominare lo spazio bar sembrava diseducativo; due spazi-laboratorio con educatori; spazi nei piani superiore e inferiore assegnati ad un coro o promessi alle associazioni di iniziative del quartiere;

Fine.

Dovendo semplificare: un oratorio laico (vedi Adige 21/10/2009), il cui cardine era un’attività educativa basata su modelli già esistenti, un target anagrafico troppo ampio e l’idea che i giovani fossero soggetti fragili, che esprimono un disagio tipico dell’età e a cui dover proporre soltanto attività bell’e pronte. Ma una volta terminata la partecipazione ad un laboratorio, cosa sarebbe rimasto? Non c’erano neppure degli spazi in cui fare due chiacchiere con gli amici.

TRE ANNI DI CANTIERE: IL PROGETTO MIORANDI

Fonte: Trentino Corriere Alpi

Quello che la città da 15 anni stava però chiedendo era altro (nel 2010 avevo 28 anni…capirete che non ho guardato al progetto con distacco ma riversando tutte le speranze, aspettative ed energie di quando ero giovane per davvero).

Abbiamo condiviso l’idea che quel centro doveva essere lo spazio in cui i giovani avrebbero potuto sentirsi a casa: uno spazio accogliente e inclusivo, in cui proporre dei progetti, in cui fermarsi a bere un caffè, una birra dopo le prove, in cui fare cultura e con essa anche impresa culturale. Uno spazio che per brevità spiegavo così:

“Non dei giovani per i giovani, ma dei giovani per la comunità. Uno spazio permeabile, aperto alla città, in cui le mamme del parco potessero andare a prendere un caffè, non un ghetto per giovani.”

Abbiamo viaggiato e visitato altri centri, per cercare di capire quale modello applicare e come modificare quelli più interessanti per adattarli alle esigenze della nostra città.

Contro la nostra visione c’era la burocrazia, alla quale neppure l’amministrazione può sfuggire. La gestione di spazi come questo passano obbligatoriamente attraverso un bando, ma un normale bando ci avrebbe portati con molta probabilità ad avere il centro gestito da persone esterne alla città, che non ne conoscevano le associazioni e il resto del tessuto sociale. Abbiamo invece costruito un percorso condiviso di formazione, chiamando in città i gestori dei centri che abbiamo considerato più interessanti e innovativi, per far conoscere ai tanti ragazzi che vi hanno partecipato quali buone prassi esistevano al di fuori dei nostri confini.

UN ANNO E MEZZO DI SMART LAB

In questi anni, membri dell’opposizione in consiglio comunale, sui giornali, in circoscrizione, mi hanno accusata di occuparmi “solo di divertimento”. Continuo a chiedermi se sono mai stati a Smart Lab, se conoscono Riccardo, Marco e Sara che lo animano quotidianamente dormendo poche ore per notte. Se sanno che finalmente c’è uno spazio in cui i giovani sono accolti e propongono progetti, coltivano i propri interessi, acquisicono competenze spendibili anche nel mondo del lavoro. Continuo a chiedermi come sia possibile semplificare con la parola “festa” (quasi avesse una accezione negativa) il volontariato di giovani che danno un senso alle proprie esperienze, che mettono tempo e competenze al servizio di tutti. Mi chiedo se sanno che sono stati a presentare Smart Lab alla Bocconi, se parlano con le signore (diversamente giovani) che vanno a fare il macramè, con i ragazzi di Evoè, che ha portato in città produzioni teatrali che non stonerebbero allo Zandonai (come la vincitrice del premio Ubu 2014 come migliore attrice), se ascoltano Radio Banda Larga, se si sono mai presi la briga guardare il programma del Quartiere Solidale, se hanno mai visto quanti incontri ci sono stati sul volontariato, in particolare quello in ambito internazionale, quante mostre di giovani artisti. E ancora, potrei andare avanti citando l’associazione la Grottesca con i suoi approfondimenti, le proposte di Step by Step, incontri dei Giovani Solidali e avanti. La lista è lunga.

Il fatto è che nonostante tutto quello che viene raccontato sui giornali, nonostante le speculazioni da campagna elettorale e le vergognose dichiarazioni di chi vuole screditare il lavoro di chi ha messo i contenuti in quello spazio, nonostante tutto, io so che oramai Smart Lab è un punto fermo per la città. Lo è per noi amministratori, lo è per le famiglie che non vedono i propri figli sempre in macchina il sabato sera per macinare chilometri, lo è per gli anziani e le associazioni del quartiere che qui si sentono a casa. Lo è per adulti che amano la cultura e non hanno paura di varcare la porta di un centro giovani. Lo è anche per le decine di persone che arrivano da tutta Italia per studiarlo e replicarne il modello. Ma soprattutto lo è (finalmente) per i giovani.

Allora, a chi mi chiede che idea di politiche giovanili ho in mente, posso solo rispondere di varcare quella soglia, perché non bastano le parole per descrivere la ricchezza umana e culturale che i giovani hanno saputo riversare su quel centro. E se non vogliono capire così, non c’è speranza che capiscano; esiste una cecità del pregiudizio, impossibile da sradicare. Peggio ancora se ci si trova in periodo elettorale.

Una persona incontrata in un bar qualche giorno fa mi ha giurato battaglia, dicendomi che le cose così non vanno, che devono cambiare. Non si è accorto che le cose sono già cambiate.

Rimbocchiamoci le maniche e impegnamoci, fare politica è proprio questo.